Il cavallo può respirare solo attraverso il naso e non, come noi, anche tramite la bocca.
Il pericolo della Bolsaggine
La bolsaggine è essenzialmente legata alla perdita di elasticità di una gran parte degli alveoli polmonari che divengono pressoché incapaci di operare lo scambio di gas tra aria e sangue e cioè, in ultima analisi, “incapaci di respirare”. Quando queste alterazioni, che vanno sotto il nome di enfisema polmonare, divengono irreversibili, si dice che il cavallo è bolso. La irreversibilità delle alterazioni caratterizza la definizione clinica e ne indica chiaramente la gravità.
La terapia di questa malattia, di per sé assai difficile anche durante le prime fasi di insorgenza, quando cioè l’enfisema è ancora reversibile, diventa pressoché impossibile una volta che si sia instaurata la bolsaggine ed i rimedi che possono essere proposti sono soltanto palliativi. La esatta causa che determina questa malattia non è sempre sicuramente accertabile e perciò è possibile solo indicare provvedimenti profilattici di ordine generale. E ad esempio opportuno, quando si sospetti la presenza nell’ambiente di sostanze agenti come allergeni – simili in altre parole alle sostanze colpevoli del raffreddore da fieno dell’uomo – rimuovere queste sostanze. Ancora si devono evitare al cavallo colpi di calore derivanti per esempio da ricoveri troppo caldi e soprattutto, dopo il lavoro intenso, rimettendo il cavallo in box solo dopo che si sia perfettamente asciugato dal sudore. Questi provvedimenti e altri ancora, che spesso sono dettati anche dal buon senso potranno ritardare se non evitare l’insorgenza della bolsaggine.
L’apparato respiratorio del cavallo è costituito da un insieme di organi cavi, attraverso i quali l’aria giunge agli alveoli polmonari, ove avviene lo scambio di gas (ossigeno e anidride carbonica) tra l’aria e il sangue. Le vie aerifere si aprono all’esterno mediante le narici, orifizi naturali con pelle sottile e morbida, dotata di lunghi peli tattili. Le narici possiedono, nella specie equina, una grandissima mobilità, per mezzo della quale regolano la quantità di aria che entra nell’albero respiratorio a secondo delle esigenze funzionali: massima apertura durante il massimo sforzo.
Le narici sono frequentemente sede di lesioni traumatiche o volte assai estese. Non sono rare, infatti, ferite lacere dovute a chiodi, ganci o altri attrezzi fissi ai quali possono “agganciarsi”. Pur non essendo in genere pericolose per la vita dell’animale, queste lesioni possono esitare in vistose deturpazioni estetiche e, se la cicatrice rende la narice meno mobile e ristretta, possono causare ostruzione all’ingresso dell’aria. Il viaggio dell’aria, una volta entrata dalle narici, prosegue poi attraverso le fosse nasali, all’interno delle quali l’aria viene riscaldata, umidificata e parzialmente depurata dalla polvere. Queste cavità sono divise dal setto nasale in destra e sinistra e, tramite i cornetti nasali, in tre settori denominati meati.
Il meato dorsale è in rapporto con le strutture che riguardano l’olfatto, mentre il meato ventrale conduce direttamente alla faringe. Il meato medio comunica, infine, con altre cavità delle “osso della testa”, i seni paranasali. Un tempo, quando le condizioni igieniche dei cavalli erano forse peggiori di oggi, i seni paranasali erano non di rada sede di gravi processi di sinusite, malattia a decorso cronico causata dalla raccolta di pus all’interno di queste cavità. Oggi le fosse nasali ed i seni sono raramente colpiti da processi patologici; è doveroso però ricordare i polipi nasali, formazioni benigne che recano disturbo alla respirazione in quanto determinano un restringimento delle vie aerifere causando dei vortici di aria, che provocano rumore durante lo respirazione.
Dopo aver superato le fosse nasali l’aria giunge alla faringe, cavità comune all’apparato respiratorio e a quello digerente; a questo livello, infatti, il cibo viene indirizzato, durante la deglutizione, nell’esofago e l’aria prende lo via dello laringe. Quest’ultima è una formazione di particolare importanza per la meccanica respiratoria ed è inoltre la sede dell’organo della fonazione cioè dove viene prodotta la “voce” del cavallo. È sostenuta da un’impalcatura formata da cartilagini rese mobili dell’azione di piccoli muscoli. Le pareti della laringe delimitano uno spazio romboidale di estrema importanza chiamato glottide, nel quale si rinvengono le corde vocali. I movimenti di apertura e chiusura della glottide regolano il flusso dell’aria, determinano l’emissione dei suoni e prendono parte all’insorgenza del fenomeno della tosse.
Uno particolarità anatomica della specie equina è da ricordare poiché spiega il motivo per cui il cavallo respira solo attraverso il naso e non può respirare con la bocca; il margine posteriore del palato molle è situato al di sotto dello cartilagine epiglottide (la più craniale tra le cartilagini laringee) e separa completamente le vie aerifere dalla cavità buccale; solo durante la deglutizione il palato si innalza e la epiglottide, ribaltandosi, chiude l’apertura della glottide; il cibo può così immettersi nell’esofago. Questa “situazione” anatomica rende anche impossibile il fenomeno del vomito.
Faringe e laringe sono organi assai importanti anche dal punto di visto clinico; sono infatti le sedi più frequenti di alterazioni che determinano rumori respiratori durante le attività del cavallo. Grande contributo alla conoscenza di questo patologia è stato dato, in questi ultimi anni, dall’avvento degli endoscopi, soprattutto da quelli a fibre ottiche. Questi strumenti, del tutto simili a quelli impiegati in medicina umana, consentono, mediante un semplice esame indolore ed eseguibile anche in scuderia, la visione diretta delle vie respiratorie del cavallo ed uno esatta identificazione della causa del rumore respiratorio. Questa patologia, oggi assai frequente, è generalmente causata da un restringimento situato lungo le vie aerifere, soprattutto a carico della faringe o della laringe.
Una delle malattie più conosciute fin dai tempi antichi è il cosiddetto corneggio. In realtà il termine, che etimologicamente indica il rumore emesso da un corno, viene spesso usato impropriamente per intendere la malattia, mentre invece dovrebbe essere usato per significare un sintomo: il rumore respiratorio.
II corneggio più noto è quello causato dalla paralisi di una corda vocale, malattia assai frequente soprattutto in soggetti dotati di collo lungo. La paralisi della corda vocale fa sì che questa rimanga flaccida ed immobile durante le fasi della respirazione, determinando con ciò un ostacolo all’ingresso dell’aria e la formazione di vortici che causano un rumore fischiante. La malattia. conosciuta appunto anche con il nome volgare di “fischio”, ha un decorso cronico; nelle prime fasi causa un debole rumore avvertibile solo quando il cavallo, durante il massimo sforzo, ha la maggior necessità di aria, mentre nelle fasi più avanzate causa un rumore udibile anche al piccolo trotto ed un calo gravissimo delle prestazioni del cavallo che, sentendosi “a corto di ossigeno”, tende a rallentare se non addirittura a fermarsi.
Il perdurare poi della malattia predispone anche ad altre affezioni, quali per esempio la bolsaggine. La causa della paralisi non è stata ad oggi esattamente identificata benché siano state formulate numerose ipotesi. Poiché tuttavia è probabile una predisposizione ereditaria alla malattia, i cavalli che ne sono effetti sono scartati dalla riproduzione. L’unica terapia, per le forme croniche, è quella chirurgica con la quale si cerca, e spesso si ottiene, la fissazione della corda vocale nella posizione che questa assume, nel cavallo sano, sotto sforzo Numerose altre lesioni di queste strutture danno a lungo una sintomatologia simile a quella della paralisi delle corde vocali ed una esatta diagnosi (che può essere fatta solo con l’ausilio di un endoscopio) è di importanza fondamentale poiché alcuni disturbi su base infiammatoria, frequenti soprattutto nei cavalli giovani, possono essere convenientemente curati, se la diagnosi è precoce, con semplici cure mediche.
Proseguendo il viaggio nell’apparato respiratorio del cavallo, incontriamo la trachea. tubo semirigido che corre lungo tutto il collo nella sua porzione ventrale ed entra nella cavità toracica dove termina biforcandosi nei due bronchi principali. Questo lungo tubo è anch’esso sostenuto da uno scheletro costituito da anelli di cartilagine, in numero variabile da soggetto a soggetto (da 48 a 60); gli anelli sono separati tra loro da altrettanti anelli di tessuto molle: questa costituzione conferisce alla trachea una notevole solidità ma, contemporaneamente, la capacità di ampi movimenti a seconda delle posizioni del collo. Rare sono le malattie della trachea e per lo più sono associate a malattie “comuni” dell’apparato respiratorio. Così si hanno di frequente casi di tracheite associati a forme influenzali. a laringiti, a faringiti ecc. La trachea, come già abbiamo detto, termina dividendosi in due grossi bronchi, destro e sinistro: questi, penetrati nei rispettivi polmoni, danno origine a condotti sempre più piccoli e più numerosi che infine conducono agli alveoli polmonari, dove avvengono gli scambi gassosi. La superficie respiratoria dell’insieme di tutti gli alveoli supera di gran lunga quella corporea; si pensi che nell’uomo è di circa 7 centimetri quadrati per grammo di peso corporeo e nel cavallo raggiunge addirittura gli 11 centimetri quadrati per grammo.
Tra gli agenti eziologici più frequenti ed importanti sono da considerare gli agenti infettivi: cioè virus e batteri. I primi sono responsabili di malattie influenzali. Mentre in passato le influenze dei cavalli venivano catalogate in forme ben precise, oggi si osserva, come nell’uomo, una grande variabilità dei sintomi influenzali che di anno in anno, da località a località assumono intensità e caratteristiche diverse. Pur considerando pressoché irrealizzabile una prevenzione assolutamente sicura ed efficace nei confronti di queste forme è indubbio che un corretto programma vaccinale è assai utile almeno nei confronti di quelle più gravi e pericolose. Gioverà inoltre ricordare che queste forme infettive colpiscono più spesso ed in maniera più “seria” soggetti defedati, cioè cavalli le cui difese naturali siano indebolite per esempio da infestazioni parassitarie, da alimentazione povera o poco bilanciata, da trasporti lunghi e faticosi ecc. Queste forme influenzali sono tipiche di cavalli giovani, ma i loro postumi, se trascurate, possono portare a danni polmonari irreversibili che limitano le possibilità atletiche del cavallo.
I fattori climatici sono assai importanti, non solo intesi come temperatura ambientale, umidità ecc.. ma anche come microclima del box.
In altre parole, se è ben noto quanto possono essere dannosi i cosiddetti “colpi d’aria”, non deve però essere trascurato il fatto che le deiezioni dei cavalli producono, se lasciati a lungo nel box e soprattutto in assenza di adeguato ricambio di aria, vapori contenenti ammoniaca e altre sostanze dannosissime se inalate. Non verrà mai sottolineata abbastanza perciò l’importanza di dare sempre al cavallo la opportunità di respirare “aria buona”.
dal testo di Aurelio Mattini
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